
L’opera si basa sullo scritto omonimo di Flaubert di pochi decenni antecedente (1862), un romanzo storico che racconta di un amore impossibile e destinato alla rinuncia.
Un amore condito da violenza e morte tra la bellissima Salammbô, figlia (inventata) dell’imperatore cartaginese Amilcare Barca, e il mercenario libico, invasore e nemico Mâtho. Sullo sfondo, la terribile Guerra dei Mercenari che mise in ginocchio Cartagine. Salammbô è una sacerdotessa vergine di Tanith ma cede il suo corpo all’amato mercenario, stravolgendo così un intero mondo. Nel romanzo di Flaubert c’è una grande ricchezza: di arte, di sentimenti, di erotismo e di storia. Si cammina insieme ai protagonisti pagina dopo pagina in un impero d’Oriente fatto di ori, lusso, spazi immensi, decori, bellezza, emozioni selvagge e tanta, tanta guerra, politica e storia.
Mucha nella sua rappresentazione di Salammbô, potrebbe aver perfettamente centrato lo stato d’animo che Flaubert ha più volte descritto nelle sue corrispondenze con l’editore o gli amici più cari, uno stato d’animo e una visione di insieme che sperava di donare agli occhi del lettore. Mucha ha forse rappresentato davvero fedelmente la Salammbô del romanzo con una certa estetica fiera, elegantissima, altera, sacra ma decisamente delicata e fragile. Un altro dipinto omonimo che la rappresenta, quello del francese Gaston Bussiere, la rappresenta invece in una luce più erotica e maliziosa, nuda e indifesa ma con una segreta malizia intravista nella posa
Salammbô, Alfons Mucha, 1896